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garage BENTIVOGLIO

Agostino Iacurci, Ruinenlust, 2024

In occasione di Arte Fiera 2024, garage BENTIVOGLIO invita Agostino Iacurci a pensare a un intervento temporaneo per lo spazio della vetrina. \n L’immaginario e i mondi che Iacurci abita e costruisce hanno numerose similitudini con il lavoro di Felice Giani: entrambi hanno spesso come fondamento i modi e le forme dell’architectura picta, che si mischiano e si arricchiscono delle loro differenti ossessioni. \n Il tempietto che abita la vetrina nulla infatti ha a che vedere con il lirismo di Alberti o il candore d’invenzione di Winckelmann, ma riconnette i colori perduti del Partenone con le esperienze più contemporanee dell’arte minimalista. \n La campitura, elemento caratteristico della grammatica di Iacurci, rende così policromo il legno o esalta la texture dei tessuti. \n E pur ricordando una scenografia teatrale, il tempio non verrà mai abitato da nessun attore, lasciando che siano ancora una volta la strada e i passanti a rimanere protagonisti della scena. \n Agostino Iacurci: “Si tratta di un tempietto in legno dipinto, feltro, ferro e neon, ispirato ad un bozzetto per una decorazione parietale di Felice Giani, tra i principali protagonisti del neoclassicismo italiano, il cui lavoro è in mostra simultaneamente negli spazi di Palazzo Bentivoglio. Al centro del tempio, un tubo neon a forma di luna illumina lo spazio dopo il crepuscolo. \n Il tempietto, dal forte carattere scenografico, occupa interamente lo spazio del garage, recentemente riconvertito in white cube destinato ad accogliere progetti espositivi. \n Ruinenlust è una parola tedesca, la cui etimologia deriva da Ruinen + Lust, rovina e lussuria. Letteralmente, infatti, Ruinenlust indica ”L’attrazione irresistibile che qualcuno prova nei confronti dei palazzi fatiscenti e dei luoghi abbandonati”. Una sentimento di piacere nostalgico, peculiare del preromanticismo tedesco, ma che può essere esteso, in chiave esistenziale, a quella sorta di sensazione di malinconia mista a piacere che si prova nell’autocompiacimento per i propri fallimenti. Una sorta di “allegria dei naufraghi” come la definisce Desiati prendendo in prestito il titolo di una raccolta di poesie di Ungaretti. \n Il lavoro si configura quindi come una riflessione sul tempo, attraverso un’opera-dispositivo dalle sembianze di un miraggio policromo. Una rovina del futuro, incastonata tra le antiche mura di uno dei più grandiosi palazzi di Bologna.”


31.1.2024
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24.2.2024

a cura di Davide Trabucco

dal mercoledì al sabato dalle 19 alle 23

ph. Carlo Favero

ph. Carlo Favero