All’interno del lessico compositivo di Aldo Rossi, le cabine dell’Elba rappresentano uno degli elementi ricorrenti già a partire dai disegni degli anni ’70, a seguito di un soggiorno sull’isola. \n Le geometrie dell’estate trovano la loro prima concreta formalizzazione nel 1980, in occasione del Salone del Mobile, quando Rossi viene incaricato da Molteni a realizzare un arredo; come è solito nella pratica dell’architetto, la forma precede la funzione, e da piccolo edifico balneare la cabina diventa mobile d’arredamento, portando così l'esterno in un interno. \n Il linguaggio di Rossi è spesso permeato da questa suggestione, e le cabine dell’Elba diventano protagoniste di alcuni allestimenti fieristici, come quello realizzato per lo stand GFT (Gruppo Finanziario Tessile) a Pitti Uomo, oppure elemento progettuale, come nel caso della proposta della Casa dello Studente a Chieti, e anche quinta scenica, nel grande edificio direzionale di Fontivegge a Perugia. \n Nel 1973 erano stati inaugurati I bagni misteriosi, la grande opera pubblica realizzata da Giorgio De Chirico per il giardino della Triennale a Milano. Una cabina era sospesa sopra la grande vasca d’acqua e portava nel mondo reale le attese e le inquietudini che permeavano i disegni del pittore italo-greco già nei primi anni ’30 e che erano stati sicuro riferimento anche per Aldo Rossi. \n La distanza che il vetro di garage BENTIVOGLIO interpone tra noi e le cabine, impedendoci di avvicinarci e permettendoci di contemplarle così solo da lontano, è forse la stessa che c’era la prima volta che queste sono entrate nel campo visivo dell’architetto, quando le ha scorte sulla spiaggia di Marciana Marina o su quella di Procchio. È anche la stessa distanza con cui possiamo ammirarle nei disegni di De Chirico, nei quali non possiamo addentrarci se non con l’immaginazione. \n La distanza è anche il metro principale con cui ho imparato a lavorare in questi mesi con le opere e gli oggetti che si sono susseguiti all’interno di garage BENTIVOGLIO: non mi appartengono, perché altri sono i collezionisti, né sono stati scelti da me, perché un altro è il curatore della collezione, Tommaso Pasquali; lasciare una distanza tra me e loro è così l’unico modo per trovare significati nuovi, che non siano quelli legati a loro possesso o al loro valore storico-critico. Lasciare andare le cose, consegnarle al mondo, è una pratica necessaria affinché siano definitivamente libere; pensare di legare tutto a noi, come in una grande tomba faraonica, non permette alle opere di crescere e di resistere ai saccheggi che, irrimediabilmente, prima o poi sono destinate a subire.